Aniello Falcone, il Velázquez di Napoli

Aniello Falcone (1607-1656) è uno dei più grandi pittori napoletani della prima metà del Seicento; e tuttavia a lui non è mai stata dedicata sin qui una mostra, e nemmeno uno studio monografico. Il biografo degli artisti meridionali Bernardo De Dominici lo battezzò nelle sue Vite (1742-45) “l’Oracolo delle Battaglie” e lo disse allievo dello spagnolo Jusepe de Ribera, grandissimo specialista della pittura “di genere” – battaglie appunto, ma anche nature morte e altri soggetti a figure piccole destinati ai collezionisti privati – e maestro a sua volta di pittori come Salvator Rosa, Micco Spadaro, Andrea de Leone o Paolo Porpora.

Le sue prime opere note, la Maestra di scuola oggi al Museo di Capodimonte e la Battaglia del Museo del Louvre a Parigi, datata 1631, lo mostrano a quella data protagonista di una pittura schiettamente naturalista, capace di recuperare la lezione di Caravaggio e di applicarla – sulla scorta forse di contatti coi pittori fiamminghi “bamboccianti” attivi a Roma – alla pittura appunto “di genere”; ma lo dimostrano anche capace di intessere rapporti con il naturalismo più aperto e colorato dell’altro grande spagnolo Diego Velázquez, che proprio in quegli anni tra il 1630 e il 1631 soggiornava per la prima volta in Italia, tra Roma e la capitale del Viceregno spagnolo di Napoli. Più avanti nel corso della sua breve ma intensa carriera Falcone arricchirà ancor di più e renderà più complessa e moderna la sua pittura assorbendo l’influenza della pittura neoveneta e classicista e prestando attenzione, sempre tra Napoli e Roma, alla lezione di Nicolas Poussin, del genovese Castiglione e di scultori come François Duquesnoy.

Le sue opere mature, dallo splendido Riposo dalla fuga in Egitto dipinto per Gaspare Roomer (1641) sino agli affreschi realizzati per lo stesso Roomer nella villa poi Bisignano a Barra (1640-43) e alle tante Battaglie oggi disperse tra i musei e le collezioni private d’Europa e d’America, sono la migliore testimonianza di questo straordinario equilibrio e capacità di sintesi tra naturalismo, classicismo e aperture pittoriche che fanno di Falcone uno degli artisti più originali della Napoli del Seicento, il vero “Velázquez di Napoli”. Prendendo spunto dal restauro appena concluso del suo capolavoro, il citato Riposo del Museo Diocesano di Napoli, la mostra odierna – curata da Pierluigi Leone de Castris – ambisce a riunire attorno ad esso oltre 20 opere di questo protagonista del “secolo d’oro” dell’arte napoletana, dalle tele di soggetto sacro alle battaglie e alle nature morte, e a proporre inoltre un percorso esteso alle chiese di Napoli che ancora conservano – sconosciuti ai più – dipinti a fresco di Falcone, da San Giorgio Maggiore a San Paolo Maggiore al Gesù Nuovo.